Cass. Penale, Sez. I, 11 gennaio 2017, n. 3820
Non è ammissibile il ricorso per Cassazione, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., se la cancelleria del giudice a quo omette di indicare il nome di colui che l’ha presentato. Infatti, come risulta chiaramente dall’art. 582, co. 1, c.p.p., richiamato dalla disposizione relativa ai casi di inammissibilità, «Il pubblico ufficiale addetto vi appone l’indicazione del giorno in cui riceve l’atto e della persona che lo presenta, […]».
La Suprema Corte ha così dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale presso la Corte d’Appello di Napoli, sul cui atto originale non risultava l’indicazione onomastica della persona che lo aveva presentato.
La S.C. sostiene, peraltro, di non aver introdotto alcuna novità. L’orientamento antagonista, infatti, prendeva le mosse dall’obiter dictum di una sentenza della Sezione Prima, che pretendeva di individuare la ratio dell’art. 582 nella sola necessità di identificare il legittimato ad impugnare; al punto che l’inammissibilità sussisteva solo quando vi fosse stata concreta incertezza sulla provenienza del ricorso, indipendentemente dalla precisa indicazione onomastica della persona che lo presentava.
L’orientamento ora ripreso, invece, si “riaggancia” al filone che considera la disposizione sufficientemente chiara da non lasciare spazio all’interpretazione teleologica. Nessun dato testuale, in particolare, consente di ammettere il ricorso in caso di omissione non imputabile alla parte impugnante; la quale, pubblica o privata che sia, non potendo eccepire alcuna “colpa” del cancelliere, deve vigilare sul rispetto delle modalità previste dall’art. 582 c.p.p. La regola in parola si applica, ovviamente, solo nel caso in cui il ricorso venga presentato in cancelleria dall’avente diritto o da un suo incaricato, e non anche in caso di ricorso inviato a mezzo del servizio postale.