L’istituto della recidiva obbligatoria, previsto per i delitti elencati all’art. 407, comma 2, lett. a c.p.p., ha subìto la censura dal giudice costituzionale (Corte cost., 23 luglio 2015, n. 185) per violazione degli artt. 3 e 27 C. Tale istituto era disciplinato dall’art. 99, comma quinto, c.p., attraverso le parole “è obbligatorio e,”, ora espunte, così che per i delitti sopra richiamati non vale più la presunzione assoluta di pericolosità sociale. In breve, viene generalizzato il meccanismo della recidiva facoltativa e, pertanto, l’accertamento dei requisiti di maggiore colpevolezza e pericolosità sociale verrà svolto caso per caso dal giudice, senza alcun tipo di automatismo.
I parametri costituzionali in gioco sono i soliti artt. 3 C. e 27 C., che enucleano rispettivamente il principio di ragionevolezza in generale e quello di proporzionalità della pena. L’irragionevolezza sta nel trattare ipotesi molto diverse allo stesso modo, cioè secondo la presunzione assoluta di maggiore colpevolezza e pericolosità sociale, impedendo quella ponderazione delle circostanze di fatto che consentano di definire una pena proporzionata; siffatta uguaglianza di trattamento era giustificata dal comune dato processuale della durata massima delle indagini preliminari.
Il filo conduttore di questa ed altre giurisprudenze è l’abbandono delle residue ipotesi di automatismo sanzionatorio che non si fondino su una base statistica attendibile. La più recente risale al 25 febbraio 2015, sentenza n. 48, che ha eliminato la presunzione di adeguatezza esclusiva della custodia in carcere anche per concorso esterno in associazione mafiosa.
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Avv. Salvatore Bottiglieri
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