La Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità del dell’art. 8, secondo comma, ultimo periodo, del Regio decreto-legge 27 novembre, 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) nella parte in cui prevede che i praticanti avvocati possono essere nominati difensori d’ufficio, per contrasto con l’art. 24 della Costituzione.
A parere della Consulta la norma censurata consente la nomina all’indagato o all’imputato del praticante come difensore d’ufficio senza il concorso della sua volontà. In questo modo viene assegnato un difensore che non ha percorso l’intero iter abilitativo alla professione e, nel caso di nomina a favore dell’irreperibile, non sarebbe possibile rimediare neanche con la nomina di un difensore di fiducia.
La questione, quindi, attiene alla garanzia dell’effettività della difesa d’ufficio.
La differenza, infatti, tra il praticante e l’avvocato iscritto all’albo si apprezza non solo sotto il profilo della capacità professionale del praticante avvocato, ma anche sotto il profilo della capacità processuale, “intesa come legittimazione ad esercitare, in tutto o in parte, i diritti e le facoltà proprie della funzione defensionale”.
A parere della Corte, “il praticante iscritto nel registro, pur essendo abilitato a proporre dichiarazione di impugnazione, non può partecipare all’eventuale giudizio di gravame” ed inoltre, si trova “nell’impossibilità di esercitare attività difensiva davanti al tribunale in composizione collegiale, competente in caso di richiesta di riesame nei giudizi cautelari”.
Avv. Salvatore Bottiglieri
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