DM 8 marzo 2018, n. 37 – GU n.96 del 26-4-2018
Il 27 aprile 2018 entra in vigore la nuova disciplina sui compensi professionali. Ispirandosi a criteri di chiarezza ed equità, il decreto ministeriale mira soprattutto a limitare la discrezionalità del giudice, che nella prassi si traduce spesso in liquidazioni “al ribasso” e ben al di sotto dei parametri di legge.
La novità più significativa, infatti, diventa proprio l’inderogabilità dei minimi tabellari, a cui fa da contraltare una maggiore discrezionalità per quanto riguarda gli aumenti. I minimi e i massimi tabellari si calcolano in base ai valori medi indicati nella tabella per ciascuna fase del processo: così, in ambito penale, il giudice non può liquidare il compenso in misura inferiore al 50% del valore medio, mentre “di regola” — è l’espressione usata nel decreto per sottolineare la derogabilità della disposizione — può aumentarli fino all’80%.
In caso di più assistiti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può essere ulteriormente incrementato del 30% (prima era il 20%) per ogni soggetto ulteriore al primo, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 10% per ogni soggetto ulteriore al decimo, fino a un massimo di trenta soggetti (prima era il 5% e fino a un massimo di venti soggetti). Questi parametri valgono anche nel caso in cui il numero di soggetti assistiti o delle imputazioni aumenti a seguito di riunione dei processi, oppure quando l’avvocato difende un soggetto contro più soggetti, purché si tratti di affrontare diverse questioni di fatto o di diritto.
Resta invariata la distinzione in fasi: fase di studio (comprensiva di attività investigativa), fase introduttiva, fase istruttoria o dibattimentale, fase decisionale.